Ritrovo delle vecchie immagini, scansioni di rullini in cui lui compare , di tanto in tanto. Non sarebbe necessario, perché ricordo bene di averle guardate insieme, accettando senza fiatare i commenti "per poter fare meglio".
Una in particolare mi rapisce: un pavone che mi guarda dritto negli occhi.
E' bianco, è bello, la luce lo colpisce in maniera perfetta, lo sfondo è uniforme. La foto mi sembra bellissima. Per un attimo mi sento brava. Il mio compagno mi manda un messaggio, come sono belle le ultime foto che hai postato, è solo la pellicola, rispondo io.
In realtà quelle foto le ho fatte in un momento di infelicità profondissima, con una costante sensazione di essere in trappola. E ricordo, eravamo insieme quando ho fatto la foto, in una di quelle passeggiate nel tentativo inutile di fargli amare qualcosa che amavo io. Improvvisamente mi dico, forse quella l'ha fatta lui, ecco perché è bella. Mi convinco che è possibile, arrivo perfino a visualizzare il momento in cui gli presto la macchina. Per almeno mezza giornata ci penso, mi chiedo se sia successo.
Verso le cinque, mentre leggo un libro sui lupi, altrettanto improvvisamente mi infurio con me stessa, e al contempo mi faccio pena; il veleno è ancora lì, e lavora così bene per togliermi quello che ho riconquistato con fatica: la consapevolezza del mio valore.
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